Curiosità

Occhio…al fagiolino pinto!

Occhio…al fagiolino pinto!

Il nome locale di ‘Fagiolino pinto’ identifica quasi in tutta la Puglia il Fagiolino dall’occhio, appartenente alla specie botanica Vigna unguiculata (L.) Walp. subsp. unguiculata (L.) Walp.

Il Fagiolino pinto è una leguminosa di origine africana distinta dal fagiolo (Phaseolus vulgaris L.) di origine americana. Nel vecchio continente, infatti, già le antiche civiltà egiziana, greca e romana facevano largo uso del Fagiolino dall’occhio, che i Romani chiamavano Phaseolus. Il termine dialettale “pasuli” deriverebbe, infatti, dal latino volgare pasěolus, come riportato da D’Elia (1968). Presente anche nelle rappresentazioni d’arte, nel dipinto di Annibale Carracci (1540-1609) intitolato “Il mangia fagioli” (fig. 1) è possibile notare facilmente come i fagioli mangiati dal contadino siano della varietà ‘Fagiolino dall’occhio’ e non di origine americana. A tal riguardo è bene riportare che le prime notizie di coltivazione sperimentale del P. vulgaris in Italia risalgono agli anni 1528-1529.

Si tratta di un ortaggio di cui si consumano esclusivamente i baccelli freschi preparati seguendo ricette tipiche delle tradizioni locali e che viene coltivato solitamente in piccoli appezzamenti di terra o in orti familiari. È una pianta erbacea che raggiunge un’altezza di circa 50-70 cm e possiede un apparato radicale a fittone con radici secondarie provviste delle caratteristiche nodosità delle leguminose dovute alla presenza di batteri azotofissatori. Le sue foglie sono trilobate, quasi sempre prive di pelosità e di colore verde intenso.

I fiori sono generalmente di colore bianco oppure bianco con varie sfumature più o meno intense di violetto o rosa-viola pallido; si aprono nelle prime ore del giorno per richiudersi a metà giornata. Dopo l’impollinazione, quasi completamente autogama, si sviluppa il baccello di forma cilindrica, lungo circa 12-15 cm, con uno spessore tra 4 e 8 mm e di colore verde scuro, con striature viola più o meno intenso. 

I semi, generalmente di colore bianco opaco con una caratteristica macchia scura intorno all’ilo (“occhio”, da cui il nome), possono anche essere di colore nero, marrone chiaro o molto scuro tendente al nero, occasionalmente con variegature o piccole macchie circolari. In alcune forme la macchia intorno all’ilo presenta una colorazione differente tendente al marroncino o al grigio. Questa diversità del colore del seme a volte può essere riscontrata anche all’interno dello stesso campione di un singolo agricoltore. Questa variabilità genetica è un chiaro indicatore di varietà tradizionale utilizzata certamente da generazioni.

Il valore gastronomico e culturale, oltre che nelle caratteristiche genetiche e nelle tecniche colturali del Fagiolino pinto, si riflette anche in specifiche preparazioni culinarie dal gusto inimitabile. Oltre a preparazioni più semplici come in umido o bolliti e conditi con olio e prezzemolo crudo o menta, particolare menzione merita la diffusa ricetta della pasta con fagiolini pinti e pomodorini da serbo spolverati con ricotta marzotica (o cacio) e condita con olio extravergine di oliva, tutti ingredienti rigorosamente di origine pugliese.

Questo ortaggio, come definito anche nella scheda P.A.T. “Fagiolino dall’occhio”, ha un ciclo di coltivazione che va da 70 a 100 giorni, predilige climi caldi e va seminato, nell’areale considerato, a partire da aprile. Utilizzando preferibilmente i semi conservati gelosamente dagli stessi agricoltori, si effettua generalmente la semina diretta a buchetta o postarella. Quando le piantine emettono 2-3 foglie vere, vengono opportunamente diradate e leggermente rincalzate a mano. Per il controllo delle infestanti e per contenere l’evaporazione di acqua dal terreno, si effettua una serie di lavorazioni superficiali fino a quando il terreno non viene ombreggiato e ricoperto dalle foglie della pianta stessa. Pur non richiedendo eccessive quantità di acqua, il Fagiolino pinto, durante la fioritura e la maturazione dei baccelli, necessita di irrigazione moderata ma costante, effettuata preferibilmente senza bagnare foglie e fiori.

Adottando opportune precauzioni è possibile evitare facilmente le avversità biotiche che colpiscono gli altri fagioli. Anche antiche tecniche di consociazione con altre colture come il pomodoro possono fornire produzioni di qualità che richiedono bassi o nulli impieghi energetici e chimici.

Il periodo di raccolta, che va da giugno-luglio a settembre, è scalare e, con opportune tecniche manuali ben note ai coltivatori che evitano traumi nelle zone di distacco del baccello, è possibile ottenere rifioriture continue e maturazioni di baccelli sulla stessa pianta.

Il Fagiolino pinto va commercializzato immediatamente e non prevede periodi di conservazione. È comunque possibile, previa breve scottatura in acqua bollente, surgelarlo e riutilizzarlo per semplici preparazioni gastronomiche.

Fonte articolo: BiodiverSO.