Storia e tradizione

La storia del carciofo 'molese'

La storia del carciofo 'molese'

La storia del carciofo in Puglia è strettamente legata agli agricoltori del comune di Mola di Bari.

Fino al 1950, in Puglia la coltivazione del carciofo era concentrata per circa il 50% nelle campagne molesi. Successivamente, alcuni molesi (Colonna, Daniele, Susca e Ungaro, tra gli altri) iniziarono a coltivare il carciofo nelle nuove aree irrigue delle province di Brindisi e Foggia, le due provincia più importanti in Italia per la produzione di carciofo. All’inizio degli anni Ottanta, la produzione di carciofo pugliese rappresentava un terzo della superficie e ben il 46% della produzione italiana. All’epoca, i carciofi pugliesi venivano prodotti per il 60% a Foggia, per il 24% a Brindisi e per il 14% a Mola, che comprendeva quasi tutta la produzione della provincia di Bari. La coltivazione del carciofo a Mola era stimata fra 1.500 e 2.000 ha, pari a oltre un terzo della superficie agraria utilizzata del comune. 

La tipologia Catanese o Locale di Mola, grazie alla sua grande diffusione nelle aree meridionali è inoltre certamente la varietà di carciofo più studiata al mondo. Hanno contribuito alla grande conoscenza di questa cultivar sia le Facoltà di Agraria di Bari e di Catania che i Centri del CNR sull’Orticoltura afferenti alle medesime sedi universitarie. In particolare, va ricordata l’attività di ricerca esclusiva su questo ortaggio condotta proprio negli anni Settanta e Ottanta presso il Centro Studi Cynar sul Carciofo localizzato lungo la SS 16 ai confini fra Mola e Polignano a Mare in località Ripagnola.  Nel caso particolare del “Locale di Mola”, la vicinanza alla sede delle istituzioni di ricerca citate e la presenza in esse di ricercatori molesi, ha permesso la produzione di un vastissimo know-how che si è tradotto in una evoluta tecnica di coltivazione divenuta modello di riferimento anche per le altre aree di produzione sia nazionali che estere. Di fondamentale importanza sono state le ricerche sul Locale di Mola che hanno interessato la genetica, la nutrizione minerale delle piante, i consumi idrici, la fertirrigazione, il confronto varietale, l’atrofia del capolino, l’applicazione delle gibberelline, la densità colturale, il controllo delle malerbe, il controllo dei parassiti di origine animale e vegetale,  il vivaismo, la propagazione in vitro, il risanamento del materiale di propagazione, la determinazione dei fenoli e delle sostanze nutraceutiche, il controllo degli imbrunimenti del cuore durante la conservazione e l’utilizzazione, la trasformazione per la surgelazione e per la IV e V Gamma.

Purtroppo, gli attacchi sempre più gravi di avvizzimento da Verticillium dahliae riscontrati nelle coltivazioni molesi alla fine degli anni ‘80 avviarono un inarrestabile declino tanto che nel giro di un decennio si ebbe la quasi scomparsa del carciofo dal territorio molese.  Attualmente, anche grazie ad una modesta ripresa negli ultimi anni, si stima che la coltivazione del carciofo interessi pochissime centinaia di ettari sul territorio molese, diffuse a macchia di leopardo e tali da non interessare mai le aree costiere o prossime al mare.

Nella galleria fotografia riportiamo alcune immagini storiche che testimoniano il forte legame che il territorio di Mola ha sempre avuto con la coltivazione della varietà locale di carciofo. In intestazione, un piccolo video contributo realizzato da Debora Abatangelo, con la collaborazione della voce storica della signora Ninetta, per lo Short Master “Recupero, caratterizzazione e mantenimento della biodiversità delle colture orticole pugliesi” organizzato da BiodiverSO, riguardante anche il ‘Carciofo di Mola’.

Fonte articolo: BiodiverSO.

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