Storia e tradizione

Nel cuore della Puglia. L’antica usanza di fare la salsa in famiglia

Nel cuore della Puglia. L’antica usanza di fare la salsa in famiglia

«Nascere in un punto piuttosto che in altro di questa grande cosa che gira sospesa nel vuoto è un caso fortuito. Avrei potuto aprire gli occhi in qualsiasi altro posto, ma sono nata in Puglia e non ho mai avuto voglia di andar via.

Ho imparato ad amare questa terra, a conoscerne i ritmi, a godere del caldo e del freddo, della pioggia e del sole, a gioire della neve e a sopportare l’afa quando arriva. A rispettare la campagna e a nutrirmi dei suoi frutti, a convivere con la necessità di non sprecare l’acqua e il cibo, a dare curiosità e attenzione ad ogni elemento di vita su cui ho posato gli occhi.

Ho attraversato le stagioni accompagnata da un calendario “domestico” ricco di appuntamenti: i lavori della campagna, la cura degli animali, la preparazione del cibo quotidiano e delle conserve per i periodi in cui la terra si riposa, i riti gastronomici legati alle grandi solennità della Pasqua e del Natale, aspettando con gioia i momenti in cui la preparazione di una cosa o dell’altra prevedeva il coinvolgimento a vari livelli di gran parte della famiglia. Tra questi, quella che riuniva tutti, e dava ruolo e dignità ad ogni componente, a prescindere dal genere, dall’esperienza e dall’età era sicuramente la trasformazione dei pomodori per la preparazione della “salsa”».

Così inizia il contributo “Avrei potuto aprire gli occhi in qualsiasi altro posto, ma sono nata in Puglia” curato da Antonia Berlen per il volume “Come bio vuole. Il percorso partecipativo della Compagnia del carosello per una comunità del cibo” (Renna e Santamaria, 2021), un libro dedicato a prodotti e tradizioni del territorio della provincia di Bari che si estende dalle coste di Mola di Bari fino alla riserva naturale dell’area di Conversano. 

Il contributo è arricchito con emozioni e ricordi dell’autrice, che sa accompagnarci in un viaggio tra le tradizioni familiari legate al momento di produzione della “salsa di pomodoro”, che in estate interessa gran parte delle famiglie pugliesi. 

Si riporta di seguito solo un estratto; per leggere il contributo completo vi invitiamo a scaricare l’ebook completo sul sito della “Compagnia del Carosello”.

«La salsa è quella cosa che ti dà sicurezza e ti permette di pensare con tranquillità alla stagione invernale, quella che non può mancare nella tua dispensa, l’unica, tra le attività gastronomiche di autoproduzione di conserve che diventa un appuntamento fisso e irrinunciabile come la Pasqua o il Natale, e che, per l’attività che ha messo in circolo nel tempo, una certa aura di sacralità l’ha guadagnata sicuramente, negli anni immemori che hanno visto tra fine luglio e settembre, intere famiglie immergersi puntualmente ogni anno nella preparazione di un alimento fortemente caratterizzante di un luogo e della popolazione che lo abita: la salsa.

Quasi un bisogno sociale evocativo delle nostre origini, sostenuto dalla assoluta certezza che la salsa fatta in casa propria sia la migliore in assoluto rispetto a quella di chiunque altro. “Andate a prepararvi per la salsa”, diceva mia madre, quando bambini, stropicciandoci gli occhi ancora assonnati, venivamo fuori dal letto richiamati dai rumori dei grandi intenti alle operazioni di preparazione della salsa.

Voci, movimenti di bottiglie e pentole in alluminio, mestoli, enormi coperchi e pentoloni, fornelli da salsa da posizionare e bombole di gas da “attaccare”. I pomodori erano già tutti presenti, in casse allineate ordinatamente lungo il viale. A volte, appena arrivati, se ne lavavano un paio di casse, in modo da avere una “cottura” (pentolone già pieno di pomodori lavati) da avviare sul fuoco la mattina seguente. 

So di persone che fanno levate di letto intorno alle 4 di mattina per terminare i lavori alle 20:00 di sera. Noi li avviamo almeno tre giorni prima e non terminiamo mai prima della mezzanotte. Il primo giorno se ne va tra la ricognizione di tutto il materiale necessario, l’acquisto della bombola di gas, l’attacco della stessa al fornellone, il riordino degli spazi, il trasporto di canteri e pentoloni dal deposito al posto di lavoro, e così via. Il secondo giorno, infiniti barattoli e bottiglie di tutte le capacità, (da pranzo domenicale 2 kg, da panzerotti 1 kg, da sughetto veloce di supporto mezzo chilo, da inviare a parenti stretti fuori sede e single 250 g, per piadine veloci e pane pizza 125 g), già lavati, asciugati e custoditi in bustoni perfettamente sigillati, man mano che la salsa veniva utilizzata, per la serie “l’arte dei pazzi”, sostenuta da mio padre, contrapposta a quella “sono puliti, ma è sempre meglio dar  una sciacquata, che è passato troppo tempo e possono dare di chiuso…”, sostenuta da mia madre, vengono rilavati accuratamente e sistemati a testa in giù a “scolare” coperti da un telo su altri teli puliti. Il terzo giorno, finalmente, si parte per la salsa. I pomodori vengono versati dalla cassa di raccolta in ampi contenitori in plastica azzurra, colore vocato ad un certo tipo di misure che sposa benissimo il rosso del pomodoro, che in quelle vasche, oltre ad essere sospeso nell’acqua pare sospeso nel cielo. Le mani veloci di grandi e piccini muovono solerti liquido e ortaggio, riuscendo nel frattempo a far precipitare la polvere o quant’altro ricopra i pomodori e ad asportare il collarino a punte ed il picciuolo verde, ormai non troppo saldo, e a schizzarsi di acqua.

Ai pomodori, vengono destinate più “passate”, o “passaggi” in successive vasche di acqua pulita, almeno quattro, fino a che in un crescendo di pulizia progressiva, il rosso splende, l’acqua resta chiara e il fresco avanza in forma di innumerevoli goccioline sulle braccia, su mani e piedi ormai rattrappiti per l’umido, sugli abiti e su tutto il resto del corpo grato di tanta freschezza. È una consuetudine appresa felicemente da bambini: a fare la salsa ci si schizza, ci si diverte e ci si bagna. Nonostante le urla della Capo salsa. Si sciacqua, si morde, e si parla, Si sgronda, si spreme, si assaggia e si parla. In una specie di allegro panel test familiare molto partecipato e vario per età e per genere. 

Le varie fasi di lavoro vanno perfettamente ad incastro. Quando i pomodori del primo pentolone stanno arrivando al bollore, si prepara la seconda “cottura”, e così via fino ad esaurimento. Appena la prima cottura è pronta, i pomodori vengono tirati fuori con un grande ragno di ferro, depositati nei canteri in terracotta o nei cesti foderati di teli sterilizzati in acqua bollente e messi al riparo dalla polvere con dei teli, in attesa di essere macinati.

Per qualche anno abbiamo provato a gestire autonomamente anche questa fase, ma un po’ per la macinatrice casalinga non proprio veloce e idonea a separare perfettamente polpa e scorza, un po’ perché la parte maschile deputata a quel ruolo ultimamente latitava, ci siamo rivolti al mitico Giuseppe, professione estiva, Macina salsa. Arriva con un grande e usurato borsone, dal quale con grande flemma, tira fuori i vari pezzi, fatti realizzare, come ogni volta tiene a precisare, dal lattoniere su suo disegno specifico. Aggancia il motore del trapano al mozzo della macchina per macinare la salsa, fissa il tutto su una base di legno rivestita di sottili fogli di acciaio, inserisce il rullo separatore di scorza e polpa, dal quale viene fuori la passata, aggancia il pezzo che la raccoglie dirigendola nei canteri in terracotta, avvita il grande imbuto di raccolta, innesta la presa e dà il via alla parte più partecipata della salsa. 

Quello della macinatura è il momento più bello, per adulti e bambini. La nuova salsa viene alla luce e tutti mettono fine a qualsiasi altra occupazione per assistere a quella nascita che si ripete puntualmente ogni anno».

Fonte articolo e immagine: Berlen A., 2021. Avrei potuto aprire gli occhi in qualsiasi altro posto, ma sono nata in Puglia. In: Come bio vuole. Il percorso partecipativo della Compagnia del carosello per una comunità del cibo (A cura di: Renna M., Santamaria P.). Università degli studi di Bari Aldo Moro, Bari.