Storia e tradizione

L’antica tradizione della bietola di campagna

L’antica tradizione della bietola di campagna

La bietola di campagna presenta una ricca storia bibliografica cui primi scritti risalgono all’antica epoca romana, quando già in Plinio il Vecchio nel Libro XX della Storia Naturale citava questo prodotto tradizionale della campagna meridionale.

Più avanti nei secoli, nella prima metà del 1800, il professore di Agricoltura nella Regia Università degli Studi, Achille Bruni (1857), ha riportato notizie sul consumo di una misticanza di erbe spontanee: “I campagnuoli e la gente povera raccolgone quest’erba (Beta cicla), la Sinapis hispida, la Sinapis pubescens, la Brassica fruticulosa, la Diplotaxis tenuifolia, il Sonchus tenerrimus, il Sonchus oleraceus, il Cichorium intybus, qualche altra pianta, e ne fanno il loro prediletto camangiare denominato volgarmente fogghie mischiate”.

Carlo De Cesare (1859) nel libro “Delle condizioni economiche e morali delle classi agricole nelle tre provincie di Puglia", nel quarto capitolo "Delle produzioni spontanee", scrive questo: «Ricco di svariate produzioni spontanee è il suolo Pugliese; ma io terrò discorso di quelle sole che per la loro utilità e per gli usi  costanti e proficui assai più giovano alle classi agricole; e ciò per la esatta esposizione degli elementi economici che io voglio descrivere, e se fia possibile anche migliorare ed aggrandire nell'interesse delle Provincie pugliesi. Dolci e tenerissime sono le cicorie che i terreni sostanziosi e freschi producono in grandissima quantità. Da questo prodotto la femminetta ricava non solamente il cibo cotidiano per la sua famiglia; ma eziandio la sua giornata, massime in primavera quando le cicorie talliscono e formano il prediletto cibo delle classi agiate. D'uso universale per le plebi sono pure: il sevone selvaggio (souchus oleraceus): i bulbi del Mascari camosum detti volgarmente lambascioni; le tenere cime della fergola (ferula communis); le cimamarelle (sinapis geniculata); la ruca (diplotaxis tenuifolia); i carduncelli (carduus marianus); la ieta (beta maritima); le spine di sepe (licium europaeum); il pungilopo (ruscus aculeatus); l'ardicola (urtica dioica); i lupuli (humulus lupulus).»

In figura 1 si riporta un estratto del paragrafo “La pesca – la caccia – i prodotti spontanei” della Relazione della Camera di Commercio ed arti di Capitanata al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio del 1864. In tale relazione si legge testualmente: «Secondo le stagioni, le donne villeruole e spesso i terrazzani, recano in piazza le cicorie, i finocchietti, le cime-amarelle (sinapis genicolata), la ruca, il cardoncello, i marasciuoli o amaruoli (diplotaxis appula), la bietola, la boragine, il cardo d’acqua, il cappero che si confeziona in aceto, i bulbi del lampasciuolo o vampaggiuolo (muscari comosum), i funghi di cui si fa grande smercio; (…). In una parola, se il nostro contadino non può coltivare un proprio campo, si studia trarre dalle estese ed incolte campagne quello che può fruttargli il pane ed onesta fatiga.».

Cirillo (1914) inoltre afferma: «Si mangia cotta ed è emulgente contro gl’ingrossamenti del fegato.»

Il mensile locale Realtà Nuove di Mola di Bari ha pubblicato nel 1995 una guida al riconoscimento e ricette delle piante spontanee della flora molese: “I fogghie de fore” (la “e” in dialetto molese è muta). Infatti, a Mola è diffuso il consumo di fogghie de fore, le foglie di campagna, con cui si indica tutto ciò che è allo stato selvatico ed è commestibile: dalla tenera erbetta mangiata cruda in insalata, alle rosette di foglie più consistenti e fibrose che invece sono consumate cotte in diverse preparazioni gastronomiche. Si riportano in le pagine 10 e 17 (fig. 2,3) che descrivono, rispettivamente, la specie e le principali ricette a base di Bietola comune tipiche della cucina tradizionale molese.

In alcune località c’è ancora la consuetudine di raccogliere le foglie giovani dal gusto simile allo spinacio. Dalla bietola comune sono derivate la bietola da zucchero, la bietola da costa e la bietola da orto detta bietola rossa o carota rossa (Bianco et al., 2009). 

Oltre il già citato utilizzo della bietola di campagna in pietanze della tradizione come i 'Foggj ammìskë’ (foglie miste), a Foggia la bietola è comunemente utilizzata per la preparazione del pancotto, che viene cucinato in moltissimi ristoranti. Una delle più popolari varianti del pancotto è proprio quella con le foglie miste: per la preparazione, si mettono patate e alloro nell’acqua; poi si fa bollire e si aggiunge un misto di verdure, ovvero: rucola selvatica, marasciuoli, borragine, crespino spinoso, bietola di campagna, cicoria selvatica, finocchietto selvatico, cimamarelle, aspraggine e grespino.

Sempre a sottolineare l’utilizzo della bietola nella cucina tradizionale pugliese, nel libro “Piante spontanee nella cucina tradizionale molese” (Bianco et al., 2009) si elencano le seguenti ricette tipiche a base di bietola (pagina 56): 1. Schiacciata di bietola selvatica. 2. Bietola selvatica con salsa di pomodoro. 3. Zuppa di bietola selvatica e fagioli. 4. Minestra di ceci e bietola selvatica. 5. Tortelli ripieni di bietola selvatica. 6. Bietola selvatica e ricotta. 7. Frittata di bietole selvatiche. 8. Frittatina con insalata cotta di vitalba e bietola selvatica. 9. Timballo di bietole selvatiche. 10. Gnocchi di bietola selvatica. 11. Bietole selvatiche stufate. 12. Palline di bietole selvatiche in brodo. 13. Risotto. 14. Polpette. 15. Uova, bietole selvatiche e prosciutto. 16. Seppie o totani con bietole selvatiche. 17. Focaccia con ricotta e bietola selvatica. 18. Focaccia con bietole selvatiche crude. 19. Sformatini di bietola selvatica. 22. Panzerotti fritti alla bietola selvatica. 23. Panzerotti alle bietole selvatiche in teglia, al sugo. 24. Rotolo con bietole selvatiche. 25. Bietole selvatiche gratinate. 26. Nella “callaredda” in alternativa alle cicorielle. Le bietole selvatiche possono essere sostituite dalla bietola da costa.

Fonte articolo: BiodiverSO.