Pettole

Pèttëlë (Taranto), scorpelle (San Severo), sfringioli (Torremaggiore), pèttuli (Brindisi), popizze (Bari), pittule (Lecce), pəttəlècchjə (Altamura).

Fonte immagine: giallozafferano.it.Fonte immagine: giallozafferano.it.

Sono pallottole di pasta lievitata molto morbida fritte nell’olio bollente.

Possono essere consumate nella versione dolce, cosparse di zucchero o ricoperte di vincotto o miele, ma anche nella versione salata, come antipasto o piatto unico: volendo si possono riempire con piccoli pezzi di baccalà lessato o di alice salata, oppure con un broccoletto di cavolo cotto a metà.

In una ciotola, mettere insieme la farina, il sale, un po' di olio e il lievito sciolto in un bicchiere di acqua tiepida. Impastare energicamente anche con le mani, fino ad ottenere una pastella morbida. Coprire con un canovaccio e lasciar riposare per due-tre ore. In abbondante olio d’oliva caldissimo, immergere il composto aiutandosi a suddividerlo con un cucchiaio, in modo da formare delle palline più o meno regolari. Quando le ‘pettole’ sono dorate, scolarle e riporle su carta assorbente, in modo da farle asciugare. Alcune varianti prevedono l’aggiunta di patate lesse (ridotte in purea) nell’impasto.

La loro origine va a collegarsi all’ondata emigratoria del XV secolo di esuli dell’Albania che si insediarono in Italia, portando con sé cultura e usi, diffondendosi nel meridione.

Secondo una leggenda, le ‘pettole’ nascono a Taranto, dove una donna, durante la notte di Santa Cecilia, lasciò lievitare troppo a lungo il pane perché distratta dalla musica degli zampognari che suonavano tra le vie della città vecchia. La donna, catturata dal suono di quelle note, si allontanò da casa e, dopo avervi fatto ritorno, si accorse che l’impasto non sarebbe stato utilizzabile per la panificazione. Lo ridusse quindi in palline che, tuffate nell’olio bollente, si gonfiarono e si dorarono. I suoi figli apprezzarono la nuova ricetta e chiesero alla mamma come si chiamasse. Lei rispose “pèttëlë”, pensando ad una piccola versione della focaccia che in dialetto tarantino si chiama “pitta”. Una ulteriore versione della stessa leggenda vuole che sia stato San Francesco D’Assisi, durante le sue prediche per l’evangelizzazione della città, a distrarre la donna mentre passava nei pressi della sua abitazione.

A Taranto le prime ‘pettole’ vengono fritte la notte del 22 novembre (Santa Cecilia) come simbolo di dono per i bandisti che la notte, durante la processione della Santa, e per tutta la giornata, percorrono le vie della città suonando le tipiche pastorali tarantine. Nella zona della Valle d'Itria è consuetudine preparare le pettole insieme al baccalà fritto il 7 dicembre, vigilia dell'Immacolata Concezione. Nella zona leccese la prima frittura avviene l’11 novembre, giorno in cui si celebra San Martino. In alcuni comuni del sud-est barese, come Rutigliano, è consuetudine prepararle il giorno di Santa Caterina, il 25 novembre. Si usa ancora prepararle recitando preghiere.

Al dettaglio tradizionale e in negozi specializzati.


Aspetti nutrizionali

Valore energetico: 306 kcal
Valori in grammi (g) per 100 g di parte edibile