Succiamele delle fave

Orobanche delle fave, sporchia, erba fiamma, erba tora, brucia legumi, lopa, lupa, lupu, mangiafáe, spórchia, spórchiə, spúrchia.

L’orobanche o succiamele delle fave (nome scientifico: Orobanche crenata Forsskal) (fig. 1) è una pianta parassita obbligata, completamente priva di clorofilla, che si insedia e si sviluppa sulle radici di diverse leguminose provocando significative riduzioni di produzione. La fava (Vicia faba L.) è una delle specie colpite su cui le orobanche riescono a raggiungere dimensioni notevoli.

La parte edule dell’orobanche è costituita dallo scapo fiorale (detto “turione”) appena emerso dal terreno (fig. 2).

Probabilmente, il bell’aspetto delle infiorescenze di orobanche (al momento della raccolta sono acquose, tenere e spesso di colorito chiaro) e la somiglianza a grossi turioni d’asparago sono stati decisivi per la raccolta e il consumo a scopo alimentare di questa specie.

L’impiego gastronomico nel territorio pugliese ha origini antiche ed è legato alla realtà povera in cui versavano gli avi, i quali stimolati dalla sempre insoddisfatta fame, sfruttavano ciò che offriva il territorio tutt’altro che opulento. Del resto il parassita rappresenta una vera calamità per le leguminose. L’eliminazione di tale infestante permette, quindi, di preservare un’importante coltura e al tempo stesso mette a disposizione cibo di cui nutrirsi.

Le orobanche possono essere consumate sia crude che cotte, e talora si prestano a sostituire, in alcune ricette, altri ortaggi più comuni; già gli antichi romani erano soliti mangiarle lessate o cotte al vapore. Tradizionalmente, i turioni vengono mondati eliminando la parte basale più dura, lavati e lessati in acqua e sale. Successivamente si lasciano a bagno per alcune ore al fine di far perdere quel sovrappiù di amaro che li renderebbe ingrati al palato, quindi sono pronti all’uso. Possono essere semplicemente conditi con olio, aceto, sale, aglio e menta, ma l’uso comune dei contadini murgiani vuole che possano essere anche gratinati al forno, o utilizzati per frittate e sformati. 

L’orobanche, inoltre, viene utilizzata cruda a fettine sottili, condita con aceto, olio e sale e servita come contorno al purè di fave, oppure cotta e conservata sotto aceto, fritta, alla parmigiana o condita con olio e sale insieme alle fave fresche, anch’esse cotte. L’attitudine preferenziale, quindi, sembra essere per la preparazione di contorni; tuttavia, i turioni di orobanche possono costituire l’ingrediente principale di antipasti e primi piatti.

Nel capitolo dedicato alla fava del libro “Orticoltura” (Bianco e Pimpini, 1990) vengono riportate foto emblematiche e l’utilizzo gastronomico dei turioni di orobanche in alcune zone della provincia di Bari (fig. 3, 4). 
Al dettaglio. È comune trovarle presso le numerose aziende che producono fave.

  • Progetto regionale “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” - BiodiverSO (PSR Puglia 2007-2013 - Misura 214/4 sub-azione “Progetti integrati per la biodiversità”); 
  • L’orobanche, per i nostri contadini spurchia, terrore dei campi (Polito, 2012); 
  • Ortaggi liberati (Bianco et al., 2018), nell’ambito del progetto regionale “Biodiversità delle specie orticole della Puglia” - BiodiverSO (PSR Puglia 2007-2013 - Misura 214/4 sub-azione “Progetti integrati per la biodiversità”). 


Aspetti nutrizionali

Valore energetico: 15 kcal
Valori in grammi (g) per 100 g di parte edibile
Il contenuto di fibra grezza risulta molto più elevato dei comuni ortaggi ed è paragonabile a molti semi di leguminose (es. fagiolo, cece, fagiolino dall’occhio, cicerchia, ecc.). Basso, invece, è l’apporto glucidico (1,3 – 1,9 – e 0,5 g/100 g di prodotto fresco, rispettivamente, di glucosio, fruttosio e saccarosio). Risulta interessante anche la presenza di tannini, acidi grassi liberi, carotene, sostanze amare e composti fenolici. Il contenuto di quest’ultimi ammonta a circa 1,2 g/100 g p.f. (espressi come acido caffeico), quantità ragguardevole se si considera che può essere paragonata al contenuto in derivati caffeici delle brattee di carciofo.

Foto gallery

Bibliografia